Atto III BARRIERE - Scena 1: IL SIERO
Entriamo nel terzo atto e nella prima delle quattro barriere:
il vaxxino innominabile che Incoronata chiama “il siero”.
Al contrario delle altre scene, scritte con verso libero,
questa ha una ritmica, le quattro strofe hanno lo stesso schema come fosse una
canzone. Il primo verso recita sempre “oggi vince”; nell'ordine: l'Homo Sapiens
Sapiens, la scienza, l'informazione, la paura.
È il 27 dicembre 2020, è il Vaccine
Day in tutta Europa e Incoronata lo celebra con l'ottica di chi sta vedendo un
film drammatico-catastrofico dove arriva il supereroe che sistema ogni cosa e
il film diventa una commedia.
La fede nell'essere umano che usa il suo genio per superare
tutte le insidie della vita, diventa quasi una preghiera di ringraziamento e un
sospiro di sollievo per il farmaco in grado di stroncare la pandemia. Incoronata,
al pari del Ministero dell'Istruzione che definì il Covid “mostriciattolo”
per presentarlo ai bambini nelle scuole, così la nostra protagonista, pur
nutrendo ancora un'avversione per queste creature invisibili definiti virus,
sente la Madre Terra “oscura” e “matrigna” ma sente anche la
devozione per i suoi “infinitesimali equilibri” che “oscillano”.
In questa scena Incoronata si esprime in modo tale che
potrebbe apparire sarcastica piuttosto che seriamente convinta che “la
speranza di salvezza decolla” e che il siero sia “come un magico
mantello”.
Nel terzo atto Incoronata osserva il mondo con una diversa
percezione, laddove alcune credenze cominciano a scricchiolare come la Statua
della Libertà, dove il senso critico si è attivato e gli slogan diventano rime.
L’ode al siero che “indosseremo nelle vene” passa
attraverso il Dio Silicio, al tutto e il contrario di tutto dove “crederemo
forse a chi dice il vero”, passa attraverso il 96% di materia ed energia
oscure che la scienza e l'informazione sanno di non conoscere della
manifestazione, della medicina, del significato dei virus che pare arrivino
sempre per un motivo e per uno scopo.
I dubbi sulla bontà della narrazione e sulla gestione
dell'emergenza sanitaria portano Incoronata a considerare che alla base di
tutto ci sia soltanto la paura. In primis, di morire. Questo aspetto che la
civiltà occidentale ha relegato a tabù, dove “inconsolabili lamenti /
aleggiano”, Incoronata lo guarda in faccia con disinvoltura il tabù della
morte, dopo l'attacco di panico scatenatosi immaginando di morire di Coronavirus
(vedi atto I, scena 1), mentre continua a dar voce ancora a quella parte di lei
che decanta “la torre del laboratorio si innalza / come roccaforte”, a
quella Incoronata che anela soltanto alla fine dell'emergenza sanitaria. Alla
fine dell'emergenza.
18 giugno 2024
Paola Gandin
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