Atto III BARRIERE - Scena 2: LA MASCHERINA

 

Immagine creata dall'IA (admind)

Può sembrare scontato parlare di mascherina nel 2021, può sembrare banale parlare ancora di emergenza sanitaria COVID-19 nel 2024, ma in realtà è un tema ancora molto attuale, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità.

In questa scena Incoronata non si pone la domanda sull'efficacia della mascherina ai fini preventivi, non si chiede se davvero si sente protetta dai contagi, indossandola ma piuttosto, ascolta i suoi sensi, compreso il buon senso.

Ripercorre il ricordo dei volti e non riconosce più nessuno. Camminando in questo mondo mascherato, si ritrova a nascondersi anche con lo sguardo, “guarderò i miei passi”, per chetare il senso di disagio che tale vista le provoca.

Incoronata esprime tutta la sua malinconia in questa scena, dedicata a questo oggetto “barriera del Soffio / del Verbo”. Come in una puntata di “Black Mirror” vive la sottile ansia di essere capitata in un mondo dove è scomparsa la comunità.

Anche nella piazza gremita / siamo soli / con la nostra anidride carbonica / e tossici pensieri mascherati”:  sente di far parte di un'umanità “col fiato corto” dove “non c'è più niente da dire / né da respirare”.

Già da tempo, Incoronata percepisce l'evento pandemia come una rappresentazione della cosiddetta coscienza collettiva che mette in scena la sua tristezza. La tristezza di manifestare un mondo di guerre e di competizione, una società capitalista fondata sul capitale e non sull'essere umano e sul pianeta, di cui siamo creature autocoscienti. Quello che vede intorno a sé sono solo maschere però, e riconduce sempre alle paure lo sguardo poetico e feroce di Incoronata.

Una rabbiosa nausea l’assale nel vedere “sui marciapiedi / a decine abbandonate” questi baluardi dell’usa-e-getta chiamati mascherine; una nausea sociale che le fa dire “ci mostrano / una normalità insinuante” .

Anche se Incoronata non è un'opera autobiografica molto di questo disagio, rispetto all'obbligo della mascherina, è venuto dal profondo del mio vissuto e ringrazio che oggi, nel 2024, il mondo e i suoi abitanti abbiano ripreso a mostrarsi in volto e a ‘gettare la maschera’.

 Abbiamo preso le distanze per guardarci dentro

 19 giugno 2024

Paola Gandin

 

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