Atto I LOCKDOWN - Scena 2: IPNOSI

 

Immagine creata da AI (ADMIND)

Dopo l'attacco di panico nell'abisso della morte, lo shock televisivo e l'asfissia da quasi due mesi di lockdown, il 2 maggio 2020 Incoronata si alza e fa colazione.

È apatica. Il meme “andrà tutto bene” si alterna al “restate a casa” nella sua mente confusa e bombardata d'informazioni; mentre beve il caffè legge tutte le news covid e ascolta video di aggiornamenti covid.

Quando ho scritto questa scena di Incoronata ho dovuto sforzarmi di parlare per lei, il mio lockdown è stato magico e gioioso e Incoronata doveva essere un’ipocondriaca igienista che vive nel panico di ammalarsi e morire.

Tuttavia, l'ipnosi dai media l'ho vissuta anch'io. C'era della compulsività nel seguire le notizie ogni giorno, i comunicati ufficiali, il bollettino dei morti, dei tamponati, dei ricoverati eccetera, eccetera. Una sorta di ipnosi da mass media, unica voce e finestra che potesse chiarirci cosa stesse succedendo sul pianeta. Da qui nasce la fiducia di Incoronata verso la scienza, l’odio per quell'esserino invisibile che il Ministero illustrò ai bambini definendolo “mostriciattolo”. La fiducia incondizionata verso “quelli che sanno / quelli che fanno” e che parlano ogni giorno dagli schermi.

Dietro ogni ipnosi c'è una coscienza che vigila e, guardando dalla finestra, io e Incoronata abbiamo provato tutta quell’impotenza di non poter correre scalze su un prato verde, mentre la Statuetta della Libertà stavolta sembrava proprio lacrimare.

6 gennaio 2024

 

“Restate a casa”. Questo invito è stato ripetuto incessantemente durante tutta la fase del

lockdown senza ricordarsi che la casa alle volte non esiste e che per alcuni la casa è

una prigionia ben peggiore rispetto al rischio di venire contagiati dal Covid. Un punto di vista

utile rispetto a quanto avvenuto durante il lockdown è quello riportato da uno striscione

esposto in Perù che riportava il testo “la romanticizzazione della quarantena è un

privilegio di classe”. La narrativa dominante del “restate a casa” e del “andrà tutto bene”

è risultato un mero palliativo utile a nascondere chi, nella realtà, restava escluso dai proclami

quotidiani di sostegno e aiuto. 

I primi ad essere esclusi sono stati, prima di tutto, coloro che una casa non l’hanno mai avuta.

Rapporto Povertà Caritas 2020

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